06 novembre 2012

IL GRILLO NARCISO, LA CENSURA TV E LE BLACK LIST

IL GRILLO NARCISO, LA CENSURA TV E LE BLACK LIST

di Michele Di Salvo
Ormai la politica ci ha anestetizzato nella ricerca di qualsiasi via per rassicurarci. È diventato valore essere bi-partisan, e questo ha fatto fare un passo indietro alla politica, quella vera, fatta di scelte e metodi e programmi e strade alternative. O si è scelto l’essere di parte come “scontro” a tutti i costi, per l’audience. Questa rubrica vuole rivendicare il diritto a essere “di parte” nell’approccio, e non di meno contribuire a dimostrare che non si deve necessariamente alimentare lo scontro per fare audience, ma anzi, può esistere un confronto sereno sui metodi e sui contenuti. Dal canto mio “il tema” sarà quello di affrontare e descrivere la settimana politica proponendo qualche spunto sulla “comunicazione politica”, ritenendo che il modo sia sostanza, e che la comunicazione sia metodo delle scelte politiche. [Michele Di Salvo]

di Michele Di Salvo – La notizia di questa settimana, nella comunicazione politica nazionale, apparentemente è quella delle primarie – idea del centro sinistra che sembra aver fatto breccia nel centro destra. Questo istituto è proprio di sistemi repubblicani maggioritari maturi, ovvero di quelle strutture di governo che poggiano su una solida base maggioritaria acquisita da decenni, e quindi costituiscono il momento “proporzionale interno” di confronto (anche programmatico) del “partito monolitico”.
Il nostro sistema sta intraprendendo questa strada a fatica, e non senza ripensamenti, soprattutto nell’aspetto regolamentare, e ne riparleremo quando almeno questi aspetti saranno chiariti, perché, è bene ricordarlo, la comunicazione politica persegue un fine, e questo è determinato essenzialmente dalle regole elettorali (ad esempio, solo per chiarire, la comunicazione politica americana non punta al voto popolare, ma alla vittoria negli stati in bilico, tra cui quelli con più “voti elettorali”). Ma le primarie stanno anche concentrando su temi “interni” ai partiti la maggior parte dei commentatori, soprattutto di quelli che normalmente si occupano di “comunicazione politica” e di cronaca politica.
E poca attenzione è stata dedicata a due notizie – apparentemente marginali – ma che riguardano il “terzo polo” – quello nazional-populista – che attorno al M5S sta catalizzando l’IDV (che nasce dalle stesse tesi e linee di comunicazione – Casaleggio infatti sino al 2010 curava la comunicazione politica di Di Pietro e del suo partito) e cui si voleva aggregare il cd. movimento arancione.
La prima ce la dà il Corriere della Sera di Bologna e riguarda il consiglio comunale di Bologna. Scissione a 5 Stelle, Bugani e Piazza abbandonano Salsi.
Lo sfogo della consigliera in aula: «Sono stata lapidata, il Movimento sta diventando come Scientology». Il fatto: contravvenendo all’ordine di non andare in televisione, la consigliera c’è andata. La stessa è stata oggetto di insulti e di una vera e propria lapidazione mediatica degli stellini. Il punto apparentemente è che “questa è la linea e lei non si è adeguata”.
Ciò che nessuno dice è che nel nostro Paese gli eletti non hanno vincolo di mandato, che rappresentano tutti, e – soprattutto – in un paese democratico, la stampa non è (solo) un luogo di prosecuzione del dibattito e del confronto politico, ma è (soprattutto) un luogo dove chi fa politica deve rispondere alle domande, chiarire le posizioni, e confrontarsi con chi la pensa diversamente da sé. Non è (solo) una scelta mediatica, soprattutto è un obbligo democratico. In nessuna democrazia occidentale è “normale” che chi riceve consensi non si confronti e non risponda alle domande (e lo dimostra da noi lo scandalo delle famose dieci domande di Repubblica cui non rispose Berlusconi – scandalizzarsi allora non può non implicare scandalizzarsi oggi).Del resto, vale la pena ricordare, che se la tv è tabù lo deve essere per tutti, senza eccezioni.
E allora perché Grillo, anche “per strada” parla con i giornalisti e si mostra alle telecamere? Perché fa proclami in tv? Perché il VDay non poteva esistere se non con la diretta tv?
Quello che Grillo non sopporta non è la tv, ma il confronto e il dibattito. È bene chiarirlo una volta per tutte e definitivamente.
Se la tv fosse uno spot monodirezionale (come era abituato a fare da comico nei suoi show e senza contraddittorio) allora va bene… ma se qualcuno fa domande e pone quesiti, la tv non va bene, perché rischia di mettere a nudo le contraddizioni e i vuoti programmatici e contenutistici.
E allora la tv è il male, nessuno ci deve andare, chi ci va viene espulso, e tacciato di narcisismo. Tutti tranne l’ex-comico genovese, che ha tutte le deroghe. Perché? Perché deve poter esistere un solo leader e un solo narcisismo, il suo. Perché la tv crea anche leadership e consenso, e questo è in concepito e inconcepibile nel partito senza organi, e con un solo padrone. Anzi due.
La seconda ci è offerta in un video pubblicato da Pubblico – il nuovo giornale di Luca Telese.
Stop dei 5 Stelle ad Agorà. «Siete nella black list».
Vale la pena vedere il breve video.
questa notizia ci offre due spunti diversi di riflessione.
La prima immediata è sul metodo: un tempo si parlava di “liste nere”, oggi, nell’era della comunicazione digitale, si parla di “blacklist”; apparentemente innocue e spacciabili come boutade di ragazzi esaltati, mediaticamente non fanno la stessa paura, ma dovrebbero farla. Soprattutto se una certa dialettica è ricorrente con commenti del tipo “vi seppelliremo”, “siete cadaveri che camminano”, “siete zombie”, “stiamo arrivando e ve ne accorgerete”.
Non vediamo squadre per le strade e la cosa dovrebbe rassicuraci. Nell’era digitale non serve incendiare le tipografie, basta spegnere un server, non lo scordiamo.
La seconda riflessione entra nel merito dei nuovi media. Prima, ad esempio su un giornale, il cittadino leggeva la notizia, si faceva un’idea e un’opinione, semmai ne discuteva, direttamente e di persona, con altri. I nuovi media trasformano le vendite e l’audience in “accessi”, e per alimentarli stimolano i commenti, in un processo apparentemente partecipativo e democratico.
Con la smania di “esistere” e nell’illusione di protagonismo, oggi la notizia passa in secondo piano. Manca il momento della lettura e della riflessione sulla stessa. Si passa direttamente al commento. E sempre più spesso alla replica del commento di qualcun altro. Si perde di vista il fatto, e si pensa solo all’opinione, e spesso a controbattere ciecamente all’opinione altrui.
E dando sfogo a queste energie, si sopisce la riflessione su fatti sostanziali. Chi si candida al governo del Paese e propone una nuova democrazia “più libera”, che concezione ha della stampa? Come si pone verso chi la pensa diversamente da sé?
Che linguaggio usa? È democratico chi ritiene una buona notizia la chiusura di 70 quotidiani e non accetta confronti pubblici e telecamere? È un partito che parla al paese e che si occupa del paese (di tutti) o una cerchia monolitica e tendenzialmente violenta? Che linguaggio è quello delle “black list”? È questo quello che vogliamo al governo? Le mie restano riflessioni di comunicazione politica e domande assolutamente aperte.

Nessun commento :

Posta un commento