20 luglio 2014

No alla pubblicità sessista e con stereotipi di genere

In commissione abbiamo conosciuto lo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria). "E' l’ente privato che dal 1966 regolamenta la comunicazione commerciale ... ai fini adottare modelli di comunicazione commerciale che non contengano immagini o rappresentazioni di violenza contro le donne; che tutelino la dignità della donna nel rispetto del principio di pari opportunità, e che propongano una rappresentazione dei generi coerente con l’evoluzione dei ruoli nella società evitando il ricorso a stereotipi di genere offensivi.."

IAP si propone di "sensibilizzare i Comuni italiani ad applicare il Protocollo che lo IAP ha sottoscritto con l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani – ANCI il 6 marzo scorso, al fine di ampliare la competenza dell’Autodisciplina anche su quelle affissioni locali che risultano talvolta escluse dal proprio ambito di competenza, per far sì che vengano adottati modelli di comunicazione commerciale che non contengano immagini o rappresentazioni lesive della dignità delle donne. Alcuni Comuni (ad esempio, Catania, Rimini, Ravenna, Milano, Arcore) si sono già attivati in tal senso; tuttavia per ottenere la massima efficacia nel reprimere la pubblicità sessista, appare necessario che ciò avvenga anche alla luce delle indicazioni previste dal Protocollo ANCI-IAP"

Questi di seguito i miei interventi in commissione.



[Prima parte]


"Grazie Presidente.
Io devo dire che accolgo con estremo favore questa proposta di udienza conoscitiva e sono rimasta colpita molto favorevolmente dalla presentazione che ci hanno fatto i nostri invitati perché è un po' come ripercorrere una strada che abbiamo già fatto con la Carta di Milano, abbiamo proposto appunto al Consiglio Comunale l'adesione appunto alla Carta di Milano, per quanto riguarda sempre la pubblicità legata ai bambini, e quindi vedere che c'è interesse da parte dell'ente anche a muoversi nei confronti di quella che è la pubblicità in generale, credo che sia fondamentale.

Prima guardavo le immagini proposte, effettivamente purtroppo c'è tutta una serie di immaginario collettivo che entrato nell'uso comune, che per noi risulta quasi a volte essere normale, per cui non riusciamo neanche a volte a scandalizzarci di fronte a determinate immagini quando invece, se si andasse davvero a vedere cosa si nasconde dietro a quelle immagini, probabilmente ci renderemmo conto che c'è una cultura abbastanza maschilista e sessista che purtroppo ci accompagna quotidianamente.

Io a volte mi soffermo su questa affermazione: noi siamo soliti dire, per dire che una donna a buone capacità, 'ha gli attributi'. Allora io credo che sia quanto più di maschilista e sessista possa esserci e soprattutto anche sminuente nei confronti della donna che per poter dimostrare di avere valore debba, in una certa misura, avere degli attributi maschili.

Una donna vale in quanto tale perché è donna, non perché assomiglia a un uomo, e quindi secondo me è fondamentale questo tipo di attenzione.

E' molto interessante la parte legata alla modifica del regolamento del Consiglio Comunale sulla pubblicità, perché sempre in questi termini, quando si parla nella precedente commissione sull'adesione alla Carta di Milano, si stava poi anche ragionando su come rendere poi attuabili questi indirizzi da un punto di vista comunale, e il ragionamento che avevo fatto e che a questo punto mi sento di condividere in questo contesto, era proprio questo: il Comune, nel momento in cui adotta un indirizzo politico di questo tipo, in questo caso l'adesione alla Carta di Milano, dovrà poi modificare quelli che sono i suoi regolamenti nel momento in cui decide di proporre degli spazi per uso pubblicitario e quindi non è importante solo riempire lo spazio pubblicitario ma è importante capire come si può riempire lo spazio pubblicitario e quindi io credo insomma che le linee guida proposte da IAP siano, devo dire, assolutamente condivisibili e importanti, e il discorso importante che faceva la dottoressa Cosenza è proprio questo, serve da un punto di vista come consapevolezza collettiva, aumentare quella che è la partecipazione, cioè le persone hanno bisogno di capire che tutta una serie di atteggiamenti che ci risultano normali, in realtà sono frutto di cliché atavici che ci portiamo dietro e che sono, per certi versi, svilenti e sminuenti e quindi anche tutto il lavoro che si può fare attraverso la rete e attraverso i social network, credo che sia assolutamente importante anche perché questi vengono principalmente utilizzati dai giovani che guardano meno la televisione e che sono più sensibili all'utilizzo di questi sistemi e quindi attraverso questi strumenti si può sicuramente cercare di aumentare quella che è una consapevolezza e una cultura su certe tematiche che forse, mi vien da dire anche a scuola, spesso vengono bypassate.
Io ho tre figli, a volte mi rendo conto di come anche attraverso alcuni racconti, alcuni testi che loro vanno ad esaminare da un punto di vista scolastico, in realtà il testo stesso comprende degli stereotipi, la bimba piagnucolona, il maschio coraggioso, vanno nella casa dei fantasmi e oddio oddio oddio.
Allora quando già si parte con dei ragazzini di 8, 9, 10 anni con delle storie di questo tipo, i miei figli ormai mi odiano perché dicono tu mamma hai sempre da ridire qualcosa, se si vuole partire a educare fino dall'inizio bisogna che anche i testi scolastici facciano la loro parte e non ripropongano sempre determinati stereotipi che purtroppo invece, mi rendo conto che nel 2014 sui testi di scuola dei miei figli sono riproposti."

[Seconda parte]


"Ascoltando gli interventi, in parte poi mi riallaccio alle ultime parole perchè, effettivamente, si sono sovrapposti diversi piani.
Un piano è quello delle opere d'arte: io onestamente non mi sognerei di mettere un paio di bragoncini da mare al Nettuno in piazza qua sotto perchè, voglio dire, mi pare che stia bene li com'è e fatto com'è e quindi voglio dire, ha fatto bene il collega Mazzanti ad impuntarsi e a far si che questa mostra [riferendosi ad una mostra il cui manifesto raffigurava una vagina] potesse avere luogo, perchè un conto è la censura tout-court a prescindere e un altro è la valorizzazione di un'arte che, per carità, uno può non condividere, non va a vedere la mostra però ha tutto il diritto di essere e di avere il suo spazio.
Il discorso della collega Cocconcelli, è perfettamente vero che ognuno il suo corpo se lo usa come vuole e se c'ha un bel culo lo può anche mettere in mostra, perdonate la schiettezza del ragionamento ma mi sembra che non ci siamo preoccupati troppo dei formalismi in questo contesto, però è anche vero che nel momento in cui entra in gioco un rapporto di lavoro, in realtà tutta questa libertà non è detto che sempre ci sia, però questo voglio dire va demandato alla sfera personale della persona che può valutare o meno come utilizzare il suo corpo in ambito lavorativo.
Però anche qui, io posso decidere di fare la spogliarellista e quindi mi faccio pagare per mostrare il mio corpo ed è un mestiere; altro è il messaggio pubblicitario che viene veicolato utilizzando il corpo, utilizzando il corpo anche in una certa misura. Se l'utilizzo che viene fatto di un bel corpo è un utilizzo che comunque ha dei risvolti culturali negativi perchè comunque danno sempre la solita impressione che la donna deve stare li a strisciarsi su una macchina in mezzo alla schiuma così all'uomo gli viene voglia di lavare la macchina, onestamente io rabbrividisco e mi fa anche abbastanza schifo questo atteggiamento, anche perchè poi in realtà sono tutti atteggiamenti che io purtroppo rivedo poi anche nelle giovani generazioni, dove i ragazzini di 13 o 14 anni, ti rendi già conto di tutta una serie di clichè che tu pensavi, da un punto di vista culturale, di avere scardinato, comunque loro li vivono sulla loro pelle perchè in classe da loro le ragazzine sono quelle che aiutano a sparecchiare e i fratelli maschi sono quelli che vanno col papà a fare zapping a guardare la televisione con le pubblicità orrende delle donne che lavano i piatti o che vanno a fare la spesa con il carrello, perchè sono sempre le donne che fanno la spesa col carrello...
Poi è vero che c'è un utilizzo sessista anche da parte della figura maschile e magari ci si fa meno caso forse anche perchè viene utilizzata di meno, però secondo me è proprio importante fare questi distinguo, cioè l'utilizzo del corpo in se per se non è un valore negativo, ma è lo scopo per il quale viene utilizzato e il messaggio che si vuole veicolare: se il messaggio che si vuole veicolare è un messaggio che comunque riporta ad un immaginario negativo, a delle convinzioni comunque che si ritengono superate perchè ormai non siamo più nella società in cui la donna lava i piatti e l'uomo è bello e rude e se puzza piace ancora di più, io onestamente mi sento di dire che non stiamo parlando di censura ma di un'evoluzione culturale, un'evoluzione culturale che secondo me è fondamentale fare.
E lo dico tra l'altro da persona che lavora nell'ambito pubblicitario da più di vent'anni, per cui, voglio dire, sono anche parte in causa di questo procedimento perchè, in una certa misura, quando a me capita di dover fare determinati lavori, mi scende un po' la catena, non sempre riesci a convincere il cliente finale che forse non è il messaggio giusto da veicolare e quindi visto che il cliente paga, metti il cane dove vuole il padrone, però certe cose sono anche abbastanza difficili da digerire e ti rendi conto quanto sia a volte difficile cambiare per cui se l'acquirente, quindi in realtà il cittadino, che è quello che fruisce della pubblicità e decide se acquistare un prodotto o meno in base al messaggio che viene veicolato, fosse più attento e quindi attraverso le segnalazioni e tutto quanto, secondo me si potrebbe veramente mettere in moto quel cambiamento culturale che, insomma, tanto ausichiamo ma che effettivamente è ancora duro da attuarsi."

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