17 novembre 2014

In consiglio comunale ho proposto l'adesione del Comune di Bologna alla Carta di Milano

Oggi in consiglio, durante la discussione dell'ordine sull'etica dei messaggi pubblicitari che sfruttano i corpi femminili e maschili, sono intervenuta per proporre l'adesione del Comune di Bologna alla Carta di Milano, così come avevo spiegato più di un anno fa.
Sul sito del Comune di Bologna sono scaricabili tutti i documenti.
Di seguito il mio intervento in Consiglio Comunale.

"Grazie Presidente.
Chiedo che venga accorpata la discussione di questa delibera e degli ordini del giorno, il mio ordine del giorno 127/14 per omogeneità di contenuto.
Questo OdG era quello teso ad invitare la Giunta ad aderire alla Carta di Milano relativamente al rispetto dei bambini nella pubblicità in generale.
Se c'è condivisione da parte di tutti io procedo...perfetto, grazie mille.
Questo OdG in realtà nasce molto tempo fa, nasce nel 2013 quando vi furono dei problemi legati ad una pubblicità che apparve l'estate scorsa sui tabelloni pubblicitari di Bologna relativamente ad una nota piscina locale.



Purtroppo all'epoca non potei presentare l'OdG direttamente in consiglio comunale in quanto già allora lo presentai come OdG collegato ma il proponente del primo OdG lo ritirò e quindi a questo punto proposi l'iter in commissione e adesso appunto era in discussione ormai da tempo e approfitto di questa opportunità per riuscire a dare un quadro un po' più omogeneo dell'operazione che sta facendo la Giunta e che a mio avviso è assolutamente condivisibile.
L'OdG propone l'adesione del Comune di Bologna alla Carta di Milano, adesso qui spiego un po' brevemente che cosa è la Carta di Milano e quali sono gli intenti di questo documento.

L'anno scorso appunto, dicevo, è apparsa sugli autobus bolognesi una pubblicità di alcune piscine. La foto all'epoca fu duramente criticata in quanto l'atteggiamento della bambina fu ritenuto poco consono per la sua età. A loro difesa, gli ideatori della pubblicità sostennero che la foto era un'immagine simpatica e innocua che interpreta l'idea di "polleggio" bolognese.  Allora per cercare di capire se effettivamente questa loro idea potesse essere condivisibile mi sono chiesta se avrei mai fatto fare a mia figlia una foto del genere?
Francamente no, sensibilità mia, magari altri genitori hanno una sensibilità diversa.

Lungi dal voler essere bacchettona, ma credo che il mondo della pubblicità dovrebbe rivedere un po' i suoi canoni etici, che si rifanno appunto a stereotipi e clichè atavici e consolidati nella nostra quotidianità tanto che ormai non ce ne rendiamo più conto. Basti pensare ad esempio a quante volte sentiamo dire di una donna in gamba: ha due palle così! Io sono solita ribadire che una donna per essere in gamba debba dimostrare di avere attributi maschili francamente lo trovo deleterio. Pensare che per essere in gamba bisogna assomigliare agli uomini significa ritenersi, in quanto donne, inferiori. Così non si arriverà mai da nessuna parte e quella parità di genere tanto ambita rimane una chimera vera e propria. Non una parità imposta per legge con quote rosa, ma una parità acquisita con consapevolezza che porta anche ad un vero cambiamento culturale.
Ricordo un aneddoto che ho riportato anche in commissione quando abbiamo trattato questa proposta di delibera: non più di 3 o 4 settimane uno dei miei figli giocando a calcio ha perso dalla squadra femminile, ragazzini di 10 o 12 anni. Il leitmotif negli spogliatoi e dell'allenatore è stato 'avete perso dalle donne', come dire grande smacco. Bene, io ritengo che le donne abbiano gambe buone come i maschi e quindi se sono atleticamente meno preparati ci sta tutto che possano perdere senza venire ulteriormente colpevolizzati.
Questo cosa dimostra? Dimosta che anche nelle giovani generazioni vengono riportati clichè vecchi, dove da un punto di vista atletico perdere dalle donne è un grandissimo smacco.
Tornando alla pubblicità, considerato il grande potere persuasivo che possiede, a maggior ragione serve maggior etica (soprattutto quando di mezzo ci sono dei bambini), così che possa contribuire ad un cambiamento culturale.
Ricordo qualche anno fa una riunione alla scuola materna dei miei figli (ormai ne sono passati 10) con maestre e pedagogiste, l'argomento della discussione era la televisione. Mi colpì un'osservazione di una maestra che raccontava di come i bambini (alla materna di parla dai 3 ai 5 anni) siano sessualmente precoci nei loro atteggiamenti tanto da averne visti due, durante un momento di gioco, simulare un coito. Le perplessità erano sui programmi che i bambini guardavano a casa: sono adatti alla loro età? e principalmente sulla pubblicità, che spesso ha contenuti erotici e che purtroppo passa in fascia protetta.

In un contesto come questo dove "l'attenzione di tutti noi cittadini è sempre più sollecitata da modelli educativi e comportamentali che, attraverso i media, raggiungono le nostre figlie e i nostri figli modellandone l'immaginario e, insieme ad esso, il loro presente e futuro", la CARTA DI MILANO Per il rispetto delle bambine e dei bambini nella comunicazione (pone come obiettivo "prioritario ripensare il rapporto tra media e minori, ripartendo dall'uso che della loro immagine viene fatto, soprattutto nella comunicazione massmediale".

Questa carta è promossa dalla fondazione Terre des Hommes che da 50 anni è in prima linea per proteggere i bambini di tutto il mondo dalla violenza, dall'abuso e dallo sfruttamento.

Giovanna Cosenza, che abbiamo anche incontrato in commissione, docente dell'Università di Bologna spiega, riferendosi ad alcune pubblicità del 2013:
«La comunicazione deve tenere conto delle differenti età dei bambini e delle bambine coinvolti rispettandone la naturale evoluzione. Non bisogna rappresentarli in comportamenti, atteggiamenti e pose inadeguati alla loro età e comunque non corrispondenti al loro sviluppo psichico, fisico ed emotivo. Ogni precoce erotizzazione dei bambini e delle bambine va bandita dalla comunicazione». E cita due esempi recenti di campagne pubblicitarie per l'abbigliamento giovane per la primavera-estate 2013, quindi abbigliamento giovane destinato ad un pubblico infantile.

Lo stesso Paolo Ferrara, direttore della Comunicazione di Terre des Hommes Italia racconta un altro aneddoto che a francamente mi ha lasciata abbastanza perplessa:

    «... Dovevamo girare uno spot contro la tratta a fini sessuali in occasione dei mondiali di calcio in Sudafrica. Approvata la creatività ci siamo messi a cercare la protagonista femminile dello spot. A un certo punto ci siamo trovati di fronte a un grosso interrogativo: all'agenzia continuavano ad arrivare book di ragazzine di 9, 10, 11 anni in bikini sulla spiaggia, in pose ammiccanti e provocatorie, abbigliate da lolite con le spalline in giù o sdraiate su chaise longue come prostitute da bordello.

    I genitori erano così abituati a vedere l'immagine delle loro figlie secondo i dettami (o i presunti dettami) delle aziende della moda, da non preoccuparsi minimamente che il cliente in questo caso fosse una nonprofit che proprio dei diritti dei bambini si occupava. O forse, ipotesi ancora più sconcertante per quanto mi riguarda, semplicemente per loro il problema non esisteva. … Il percorso della Carta di Milano è nato anche a seguito di questa esperienza.»

Perchè la carta di Milano? Traggo direttamente dal sito internet le motivazioni per cui è nata per spiegare meglio:

Oggi l'attenzione di tutti noi cittadini è sempre più sollecitata da modelli educativi e comportamentali che, attraverso i media, raggiungono le nostre figlie e i nostri figli modellandone l'immaginario e, insieme ad esso, il loro presente e futuro. Sentiamo come prioritario ripensare il rapporto tra media e minori, ripartendo dall'uso che della loro immagine viene fatto, soprattutto nella comunicazione massmediale.

L'immagine delle bambine e dei bambini oggi sembra prestarsi a un uso esclusivamente strumentale che, se da un lato ne sminuisce la dignità, dall'altro finisce, spesso per rafforzare stereotipi discriminatori di genere o costruire stili di vita pericolosi. Noi cittadini, genitori, psicologi, professionisti della comunicazione, rappresentanti delle istituzioni, dell'arte, della scuola, delle imprese e del diritto crediamo che il rispetto delle bambine e dei bambini richieda oggi nuovi strumenti e un nuovo impegno di responsabilità sociale da parte di tutti gli operatori coinvolti nel mondo della comunicazione.

Per questo, stimolati da Terre des Hommes, abbiamo deciso - qui sono i rappresentanti del mondo della pubblicità che parlano - di dare vita alla “Carta di Milano: per il rispetto delle bambine e dei bambini nella comunicazione”. Nel redigere la Carta di Milano ci siamo ispirati alla Convenzione dei diritti del fanciullo, alla Carta di Treviso, al Keeping Children Safe, al Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e all'esperienza maturata in cinque edizioni del Child Guardian Award di Terre des Hommes. Con la Carta di Milano vogliamo suscitare un dibattito intorno al tema dell'immagine dei bambini e delle bambine, contribuendo a creare, per i nostri figli un mondo più rispettoso e attento.

Per questo la consegnamo oggi alla società civile e agli addetti ai lavori affinché la facciano propria, la sottoscrivano e la adottino nel loro concreto agire quotidiano facendola diventare un punto di riferimento per tutti coloro che operano nel mondo della comunicazione e per tutti i cittadini che intendano far valere, in ogni istante, l'interesse prioritario dell'infanzia."

Riassumo brevemente i principi generali della Carta di Milano:

"Il rispetto della dignità delle bambine e dei bambini, così come indicata dalla “Convenzione ONU sui diritti del fanciullo”, deve essere garantito in qualsiasi comunicazione, in modo particolare quando è l'immagine stessa delle bambine e dei bambini ad essere rappresentata.

Il rispetto della dignità delle bambine e dei bambini deve essere garantito, da tutti i soggetti coinvolti, in qualsiasi fase del processo produttivo che accompagna la creazione e la diffusione di una campagna di comunicazione: genitori e tutori, agenzie di casting, agenzie di comunicazione e creativi; aziende committenti e inserzionisti pubblicitari; case di produzione; editori e da chiunque diffonda - qui entra in gioco il Comune - la campagna di comunicazione.

Il rispetto della dignità delle bambine e dei bambini implica il loro coinvolgimento in tutte le fasi del processo produttivo, dalla concezione alla distribuzione, attraverso la partecipazione attiva, l'ascolto dei loro desideri, valori, tempi e opinioni, delle loro aspettative e dei loro diritti di lavoratori.

È fondamentale e urgente che tutto ciò diventi un impegno concreto di responsabilità sociale d'impresa, documentato con trasparenza da tutti i soggetti professionali coinvolti compresi gli enti pubblici."

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