22 aprile 2014

Euro: dentro o fuori?

Su UnoValeTanto abbiamo iniziato a parlare di Euro. Francesco Suraci ha partecipato a Roma ad un convegno internazionale ed ha scritto questo articolo in cui propone il suo punto di vista e quello dei relatori: Un'Europa senza Euro - Costi e benefici per le imprese e famiglie europee.

Io ho colto l'occasione in seguito all'articolo di Francesco per aprire un confronto sul tema nel forum di UnoValeTanto.
Il titolo della discussione non intende, volutamente, suggerire un'opinione a priori in merito, ma vuole stimolare un dibattito, poi ognuno si farà la sua di opinione. Io stessa ad esempio non ho ancora le idee chiare.

Spesso quando si parla di Euro e macroeconomia, si fa fatica a trasporre nel quotidiano le tesi esposte. Ovvero in linea teorica sembra tutto chiaro, poi a livello pratico come funziona veramente?
Prendo spunto da questa frase dell'articolo “Non bisogna inoltre dimenticare che l’effetto inflazionistico si avrebbe esclusivamente sui beni di importazione, mentre non cambierebbe il prezzo dei prodotti italiani” per fare questo esempio partendo dal mio quotidiano, quindi da una situazione reale, esistente e concreta.


Lavoro in un'azienda artigianale che produce cartellonistica pubblicitaria, decorazioni per veicoli commerciali, grafiche per eventi fieristici, vetrofanie per negozi etc etc. Il mercato a cui ci rivolgiamo è pressoché italiano ed è un tipo di produzione che non si presta all'export. Quindi con una ipotetica uscita dall'euro, continueremo a fare i conti unicamente con clienti italiani.
Come vengono prodotte le nostre merci? Serve mano d'opera, tecnologia e materie prime. La mano d'opera è locale. La tecnologia è prodotta all'estero, in Italia è difficile che lo possa essere nel breve periodo, serve un know-how che per il momento non c'è o è andato perduto. Per tecnologia intendo plotter da taglio e da stampa di grande formato, i relativi software gestionali e computer e hardware vario per l'elaborazione delle grafiche. Le materie prime sono prodotte principalmente all'estero, vanno dagli inchiostri per le stampanti, alle lastre rigide di vari materiali (PVC e altri derivati del petrolio, cartoni di varia foggia, alluminio o lamiere varie) e alle bobine anche queste di vari materiali (PVC morbidi o adesivi, tessuti, carte etc) su cui stampare o da intagliare.

Alla luce delle affermazioni nell'articolo, sembra che non si prospetti un futuro roseo per tutte quelle aziende come la mia che vendono ad un mercato italiano, ma che usano tecnologie e materie prime provenienti dall'estero (quindi il prezzo del bene ne subisce una forte influenza) e non possono nemmeno contare sull'eliminazione di accise varie (come ad esempio la benzina).
Sarebbe utile quindi capire se e come l'inflazione e la svalutazione possano aiutare questo tipo di mercato interno ma dipendente dall'esterno, che dimensione ha questo tipo di mercato, e nel caso lo si ritenga un mercato “sacrificabile”, a fronte di un rilancio dell'economia più generale e diffuso, che impatto avrebbe in termini di posti di lavoro persi e di indotto in generale.

Chi volesse seguire il dibattito o aggiungere dei contributi può proseguire sul forum di UnoValeTanto
 

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