18 aprile 2013

Ricadute sanitarie sull'incenerimento dei rifiuti e contaminazione della catena alimentare

Su mia richiesta, il giorno 19 aprile 2013 alle ore 9,00 presso la Sala Bianca del Comune di Bologna, la Commissione Consiliare Sanità e Delle Elette hanno indetto una Udienza Conoscitiva sulle risultanze dello studio Moniter e, più in generale, sulle ricadute sanitarie ed ambientali dell'incenerimento  dei rifiutiL'Udienza Conoscitiva riguarderà il complesso e delicato tema della presenza di contaminanti quali diossine e PCB nella catena alimentare e nello stesso latte materno.
Presenti per relazionare i medici Dott. Di Ciaula Agostino, Gentilini Patrizia ed in
collegamento skype il il Dott. Valerio Gennaro: professionisti  di diverse specialià
(rispettivamente internista, oncologo, epidemiologo), ma accomunati da lunghi anni di comune impegno a tutela della salute pubblica e a favore della Prevenzione Primaria. La
Prevenzione Primaria intende proteggere la salute agendo sulla cause che sono alla base
di molte patologie,  rimuovendo quindi  il più possibile  gli agenti tossici, mutageni e
cancerogeni da  aria, acqua, suolo, cibo.

  
Il progetto Moniter è un costoso ( 3 milioni e 400 mila euro!)  e poderoso studio avviato nel 2007 dalla Regione Emilia-Romagna per indagare  effetti sanitari ed ambientali degli inceneritori presenti sul territorio. Le conclusioni che gli Autori traggono - pur riconoscendo un aumento dei nati pre termine e dei linfomi Non Hodgkin nella coorte di Modena-  sono solo apparentemente tranquillizzanti.
Infatti anche l'autorevole Comitato Scientifico dello studio raccomandò di non sottovalutare i risultati emersi circa gli esiti delle gravidanze (piccoli per età gestazionale "nascite pretermine", “andamento crescente della prevalenza di aborti spontanei in relazione ai livelli di esposizione”, “andamento crescente con l’esposizione a carico della totalità delle malformazioni”), giudicati “verosimilmente” connessi alle emissioni degli inceneritori ed invitò alla cautela nell’interpretazione degli altri risultati, facendo presente che, almeno per le cause di morte e per i tumori più rari, “nonostante le dimensioni del database, sarebbe stato difficile  identificare un aumento del rischio, se non nel caso di un improbabile rischio molto alto”.
Le varie parti dello studio approfonditamente esaminate dai relatori invitati all'udienza
conoscitiva, presentano una serie di rilevanti limiti metodologici e risultati non
adeguatamente valorizzati
dal punto di vista divulgativo.
 

In particolare sottostime significative dei rischi possono derivare da:
•        aver considerato ambiti territoriali ridotti (4 Km dagli impianti) rispetto a quelli presi in esame da altri importanti studi riportati in letteratura, in cui le indagini sono estese anche oltre i 10 km;
•        aver utilizzato come  “tracciante” (marker) dell'esposizione il PM10, marker
estremamente generico e non caratteristico degli inceneritori, tanto più che  - come emerge con chiarezza dalle stesse analisi del Moniter - le emissioni di tali impianti sono caratterizzate dalla presenza assolutamente prevalente di particolato fine e ultrafine (per l’87% PM2,5);
•        non aver tenuto in debito conto sia precedenti esperienze che gli stessi risultati emersi nelle indagini ambientali di Moniter, che evidenziavano, in prossimità dell’inceneritore, accumuli significativi - in specifiche matrici - di metalli pesanti particolarmente pericolosi per la salute, quali il cadmio e il piombo e non aver analizzato – sulle medesime matrici – eventuali accumuli di mercurio, i cui effetti tossici sono ben noti in particolare sullo sviluppo neuropsichico dei bambini (al pari del piombo); 
•        non aver preso in considerazione dati epidemiologici emersi in precedenti studi (es. deficit cognitivi nei bambini) ed effetti su categorie di popolazione particolarmente suscettibili (anziani, bambini, soggetti affetti da patologie croniche);
•        dosaggio inadeguato di diossine e PCB, esaminate solo  nelle concentrazioni
atmosferiche, ma non nelle matrici biologiche  in cui maggiormente si concentrano
e che costituiscono il principale veicolo di esposizione  per l'uomo.
•        disomogeneità sia nella composizione delle coorti che nell’affidabilità dei dati
emissivi utilizzati per la stima dei livelli di esposizione in corrispondenza ai diversi
inceneritori indagati;
•        difetti metodologici nei rilievi tossicologici.

Nonostante i limiti descritti, i risultati dello studio Moniter, oltre ai rischi già segnalati
(nascite pre-termine, aborti spontanei, malformazioni fetali), evidenziano per singole
sottocoorti possibili aumenti di rischio tanto per patologie tumorali (fegato, pancreas,
vescica, colon, linfoma non-Hodgkin, polmone, ovaio) che non tumorali (patologie
cardiocircolatorie, vascolari e respiratorie) molte di queste coerenti con altre segnalazioni emerse in letteratura: tutto ciò rappresenta un preciso segnale di allarme circa l’esistenza di rischi per la salute delle popolazioni esposte, come del resto confermato dalla tabella presente al sito.

Inoltre, cosa ancor più sconcertante, lo studio Moniter non ha calcolato né il rischio
attribuibile né i casi attribuibili alle esposizioni studiate:  nella popolazione più stabile
geograficamente (donne) residente nei 4 livelli di esposizione superiore a quello base (1), gli IRR erano  aumentati dell’ 1% - 5%. Il conseguente calcolo dei casi attribuibili ha
prodotto un eccesso di  441 casi in più nell’intero periodo in studio (12 anni) che equivale ad un eccesso medio annuo di circa 37 casi. Queste omissioni appaiono inspiegabili dato l’obiettivo dello studio e la dimensione dei rischi emersi (IRR= +1% e +5%) almeno nella Coorte ‘95 e,  data la dimensione del rischio,  dovrebbe essere data spiegazione di questa scelta e si dovrebbe verificare e rianalizzare l’intero studio.
Già  il Comitato Scientifico di Moniter, a conclusione delle proprie Osservazioni, faceva
presente che “siamo in presenza di altri fattori di pressione ambientale sulla popolazione”,  ci troviamo infatti all’interno della Pianura Padana, uno dei territori più inquinati del pianeta. A parere dei relatori l'inquinamento non riguarda non solo ossidi di azoto, metalli e presenza di particolato nell'aria, ma anche - con grande probabilità - anche la presenza di diossine e PCB (policlorobifenili).
Diossine e Policlorobifenili sono sostanze persistenti, tossiche e cancerogene che entrano nella catena alimentare e  si ritrovano nei nostri corpi,  depositandosi in particolare nei tessuti adiposi. Oltre ad una azione oncogena queste sostenze agiscono come interferenti endocrini,  ovvero esercitano una complessa  azione  di squilibrio endocrino-immuno-metabolico. Una letteratura scientifica sempre più corposa segnala come l'esposizione ad interferenti endocrini, specie durante le fasi più  delicate precoci della vita (sviluppo embrio-fetale, infanzia)  si associ ad una crescente  incidenza di patologie disfunzionali a carico di apparati e sistemi quali quelli: riproduttivo, immunitario, metabolico, neuropsichico, ormonale, ed ovviamente ad un aumentato rischio di cancro. Diossine e PCB rientrano fra i contaminanti individuati e messi al bando dalla Convenzione di Stoccolma, Convenzione sottoscritta anche dall'Italia ma purtroppo - unico paese in Europa-  mai da noi ratificata.
Ed è ormai accettato dalla grande maggioranza della comunità scientifica il fatto che
proprio l’esposizione ad agenti inquinanti nelle fasi precoci della vita possa condizionare lo stato di salute non solo nell’infanzia ma anche nell’ età adulta, con possibilità di
trasmissione transgenerazionale dei danni.  La presenza di diossine e PCB in alimenti è stata  indagata da una ampia indagine condotta nel Comune di Forlì nel corso del 2011 e  la relazione finale è disponibile sul sito

La ricerca è stata condotta  in allevamenti rurali destinati all’autoconsumo reperiti lungo
una direttrice di circa 3 km fra inceneritori ed aeroporto  ed ha evidenziato che su 61
campioni ( 51 animali, 10 vegetali) il 51% è contaminato al di sopra dei limiti di legge.
In particolare i polli risultano quelli più contaminati: su 12 polli/galline solo due sono
conformi. Gli animali ruspanti si confermano quindi come un ottimo indicatore della qualità dell'ambiente specie per sostanze come diossine e pCB che si accumulano nella catena alimentare.
Queste sostanze si ritrovano purtroppo anche nel latte materno che diventa quindi un
importante “indicatore” della salubrità dell’ambiente, il biomonitoraggio  del latte materno viene raccomandato dalla OMS ed eseguito in modo sistematico da decenni in moltissimi paesi europei. 
A questi studi non ha purtroppo partecipato il nostro paese e  di conseguenza scarse sono le conoscenze disponibili in loco; ciò che sappiamo deriva da ricerche sporadiche  ed analisi condotte spesso  in modo spontaneo e volontaristico, analisi che peraltro mostrano livelli considerevoli di inquinanti nel latte materno in aree circostanti impianti industriali quali  acciaierie ed inceneritori.
Non c'è bisogno di ricordare che il Latte materno è il nutrimento ideale per il  bambino,
fonte di benessere per madre e neonato e proprio   per proteggerlo  è stata avviata una
"Campagna Nazionale in difesa del latte materno dai  contaminanti ambientali"  che ha
individuato precisi obiettivi fra cui l'avvio di un adeguato biomonitoraggio e la ratifica della Convenzione di Stoccolma. Le associazioni promotrici la Campagna ribadiscono con forza che l’allattamento va in ogni modo promosso ed incentivato, in quanto rappresenta un vero “antidoto” alla esposizione agli agenti tossici,  ma dagli agenti tossici va  ovviamente preservato  e difeso nel modo più efficace  se vogliamo garantire la miglior salute possibile ai nostri figli e  alle future generazioni.
I  relatori intervenuti hanno con forza ribadito che deve essere urgentemente e
coraggiosamente ripensato l'intero  nostro sistema produttivo a cominciare da una drastica riduzione di tutti i processi di combustione fonte di numerosissime e pericolose tipologie di inquinanti  per cui vanno ripensate le politiche energetiche, di gestione dei rifiuti, dei trasporti, fino ad una agricoltura veramente sostenibile senza l'utilizzo di pesticidi che sempre più si accumulano nelle falde acquifere come dimostra il recente Rapporto ISPRA. 
Il prezzo non solo in termini di sofferenze e malattie, ma anche economico che
l'inquinamento comporta non è più accettabile e già troppe - come ci ricorda l' UE - sono
le " Lezioni imparate in ritardo da pericoli conosciuti in anticipo" .

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