Questo è l'elenco delle proposte che ho inviato io, non ha la pretesa di essere esaustivo, è solo un tassello di un lavoro molto più ampio fatto a più mani, ho quindi evitato di inserire idee già proposte da altri, e ho aggiunto quello che secondo me mancava.
Proposte per la sicurezza a Bologna
Premessa:
La in-sicurezza di questa città è
legata anche ad un radicamento delle organizzazioni di stampo mafioso
italiane e straniere nella nostra Regione. Da decenni infatti nelle
diverse province della regione sono presenti e attive cosche mafiose
impegnate sia in attività criminali causa di allarme sociale
(traffico di armi, traffico e spaccio di sostanze
stupefacenti,
estorsioni, usura, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina,
sfruttamento della prostituzione), sia in attività criminale che
destano minor allarme sociale (contrabbando, gioco d'azzardo,
caporalato, riciclaggio, truffe, infiltrazione e condizionamento
nell'economia locale nei settori del movimento terra, trasporti,
sofisticazione alimentare, ristorazione e attività ricettiva,
sanità, ciclo dei rifiuti, energie rinnovabili e assimilate). Per
combattere le mafie bisogna conoscerle, dobbiamo conoscerle noi
amministratori e devono conoscerle i cittadini. Le mafie operano
rispondendo alle richieste delle comunità. Offrono cocaina e droghe
perché vi è richiesta; offrono prostitute/i perché vi è
richiesta; offrono merce contraffatta perché vi è richiesta.
Pensare di colpire la mafia dei colletti bianchi sul piano militare,
con arresti, è inadeguato e insufficiente. La Pubblica
Amministrazione può fare molto, promuovendo una seria ed incisiva
azione nell'ambito della Scuola e degli ambienti di aggregazione e
impegno sociale, oltre che con attività di contrasto preventivo.
Bisogna comprendere che le mafie
offrono risposta alla richiesta proveniente dalla comunità. Se non
vi fosse “domanda” l'offerta sarebbe inutile... e le mafie
sarebbero in ginocchio perché non avrebbero più la fonte primaria
del denaro sporco da riciclare. Sfruttamento della prostituzione,
contrabbando, droghe, gioco d'azzardo, se private della “richiesta”
diventano un business fallimentare per le mafie. Ciò significa che
il primo punto di azione sta nel riuscire ad incidere nelle scelte
compiute dalle singole persone che costituiscono oggi il bacino di
“utenza” di queste attività. In parallelo deve esserci un'azione
di contrasto preventivo rispetto a quello della Magistratura. Gli
Enti Locali, ad esempio, forniscono le autorizzazioni per aperture di
locali (circoli culturali o ricreativi piuttosto che club privati) di
che diventano di copertura, dovranno quindi verificati a monte i
soggetti richiedenti le autorizzazioni. Poi insieme alle
organizzazioni sociali e di categoria (associazioni, sindacati e
organi di polizia), dovranno svolgere attività di “controllo” e
“contrasto” delle situazioni irregolari.
La mafia segue i grandi flussi di
denaro, quindi si dovrà porre maggiore attenzione proprio dove
questi flussi si muovono. Attraverso gli strumenti di pianificazione
urbanistica si dovrà evitare la pratica della “deroga” costante
in quanto è proprio dietro a questa pratica costante che si
sviluppano i fenomeni speculativi. Bisognerà valutare molto
seriamente l'alienazione di grandi patrimoni pubblici (a Bologna ci
sono 19 ex caserme in vendita) e la realizzazione dei project
financing. La mafia o gli speculatori hanno ingenti somme di denaro
da riciclare o investire in operazioni poco trasparenti.
Ringrazio la Casa della Legalità e Democrazialegalità.it per gli spunti forniti e Christian Abbondanza ed Elio Veltri che hanno curato il Dossier
Qui un mio precedente post sull'argomento
di seguito alcuni punti più specifici:
- concentrare in centrali uniche
appaltanti (su scala regionale e provinciale) la gestione delle gare
di appalto così da evitare che vi siano, sul medesimo territorio,
molteplici soggetti che gestiscono (e quindi elargiscono)
direttamente i fondi pubblici. Infatti sul territorio di una
Provincia operano nell'assegnazione di appalti pubblici la Provincia
stessa, i Comuni, le Asl, le società pubbliche e/o partecipate,
oltre che la Regione stessa. Un sistema così disarticolato è
permeabile alle infiltrazioni mafiose, così come al proliferare del
fenomeno della corruzione e dei conflitti di interessi ed è un
sistema perverso in cui una constatata assenza di trasparenza da
parte degli Enti Pubblici fa da contraltare ad una inefficace azione
di controllo sui subappalti e sulle forniture.
A questo poi andrebbe anche aggiunto
che sempre più spesso gli Enti Locali procedono, su medesimi opere
(vedesi ad esempio la realizzazione di rotatorie stradali) con il
frazionamento di dette assegnazioni, portandole ad un livello di
sotto-soglia per cui è ancora più semplice l'aggiudicazione da
parte di imprese condizionate o direttamente riconducibili ad
organizzazioni mafiose. Inoltre le scatole cinesi delle società
pubbliche o partecipate (il cui numero in Emilia-Romagna raggiunge livelli spaventosi),
costituite come società “a diritto privato”, agendo in deroga
alle rigorose norme sulle procedure di appalto proprie degli enti
pubblici.
- fermare la pratica della “deroga”
costante agli strumenti di pianificazione in quanto è proprio dietro
alle costanti deroghe che si sviluppano i principali fenomeni
speculativi che coinvolgono capitali di illecita provenienza
(finanziaria o mafiosa). Si prendano gli strumenti urbanistici, così
come i piani di bacino o di tutela paesaggistica, così come quelli
per l'energia, i rifiuti, le cave, il commercio, l'edilizia abitativa
sociale, sino alla programmazione e pianificazione nel campo
sanitario. Questi vengono approvati, valutati e quindi adottati per
poi subire costantemente modificazioni “a richiesta”, con
procedure essenzialmente semplificate che eludono, ad esempio, gli
obblighi di informazione e partecipazione derivanti dalle normative
europee e nazionali. Detta pratica devastante viene inoltre adottata,
ad esempio, quasi sistematicamente anche per procedure quali VIA e
VAS, così sottraendo ulteriormente al controllo democratico grandi
interventi (pubblici o privati) sul territorio, con, spesso, ricadute
negative sul tessuto economico-commerciale esistente o sulla stessa
tutela del suolo.
- Inoltre si impone una seria
valutazione della deregulation devastante in materia di alienazione
dei patrimoni pubblici e dei project financing. Infatti nella
cessione a privati di beni o dell'uso di beni e/o aree pubbliche, per
durate temporali di circa un secolo, non esiste, ad oggi, alcuno
strumento di controllo sulla effettiva tenuta economia dei soggetti
proponenti, ovvero dell'utilizzo di capitali di illecita provenienza
per tali operazioni. Su questo specifico ambito, occorre promuovere
una seria normativa, anche a livello regionale, per prevenire
infiltrazioni.
-
L'irrinunciabile pratica per una concreta azione di prevenzione e
contrasto all'illegalità ed alle infiltrazioni mafiose, che però
viene sistematicamente (con accurata dovizia) evitata dalle Pubbliche
Amministrazioni, è la trasparenza degli atti e delle procedure.
Con una effettiva accessibilità degli Atti e la trasparenza sulle
procedure, ogni provvedimento sarebbe posto al controllo dei
cittadini e questo significherebbe che molteplici conflitti di
interesse, clientele, irregolarità, agevolazioni improprie e
fenomeni di corruttela, ovvero ogni pratica di mancato perseguimento
dell'interesse pubblico generale, basato sul principio della buona
amministrazione, verrebbe notato con maggiore facilità. Inoltre
da una completa accessibilità degli Atti e delle procedure
attraverso la rete internet e si potrebbe agevolare anche l'azione di
prevenzione e contrasto da parte dei reparti investigativi e della
magistratura.
-
Rispetto alla L. Reg. 2/2009 inoltre occorre segnalare che la
stessa predispone una serie di interventi per cui si necessita del
potenziamento dell'attività di controllo, ovvero
dell'incremento delle risorse umane specializzate e di mezzi alla
Polizia Locale, nonché di un coordinamento costante
tra Enti Locali e reparti di P.S. preposti ai controlli e con gli
altri Enti pubblici (quali Inail, Inps, Ispettorato del Lavoro, Arpa,
Asl) al fine di coordinare un costante monitoraggio dei cantieri,
superando la pratica dei controlli “a campione” o “concordati”.
Beni
confiscati
-
riunire i Prefetti, l'Agenzia del Demanio, l'Agenzia Nazionale per i
Beni Confiscati, i Sindaci dei Comuni in cui sono siti i beni
confiscati, e definire un protocollo d'intesa per istituire presso le
Prefetture un “tavolo per i beni confiscati” a cui chiamare le
associazioni di volontariato attive sul territorio disponibili ad
attivare progetti partecipati (ovvero definiti con il concorso della
popolazione residente ed operante nelle zone ove si trovano i beni
confiscati) di utilità sociale, ovvero di definire sulla base delle
esigenze istituzionali quali beni confiscati siano da destinare,
quali invece rispondono alla realizzazione dei progetti rispondenti
ai bisogni sociali, quali invece possono essere destinati alla
vendita così da reperire fondi alle casse pubbliche, magari da
utilizzare per le sistemazione,
in accordo con l'Agenzia Nazionale, dei beni destinati a fini
istituzionali e di quelli destinati per progetti di utilità sociale;
-
riunire gli incaricati dell'Amministrazione Giudiziaria delle aziende
confiscate, nonché le rappresentanze dei lavoratori e gli
Amministratori delle società pubbliche e/o partecipate, così da
verificare, in prima istanza, l'assorbimento da parte delle società
pubbliche e/o partecipate delle aziende (mezzi, beni e personale)
confiscate. Verificare in seconda istanza, attraverso l'incontro con
le rappresentanze delle associazioni e organizzazioni di categoria
(Confindustria, Lega Coop, Confesercenti, CNA, Confartigianato, Cia,
Assedil...) la possibilità di sostenere, anche con il concorso delle
realtà economiche consolidate della regione, l'assorbimento di tali
aziende confiscate o la promozione di percorsi di cooperative con gli
stessi lavoratori delle aziende confiscate.
Si
rimanda alla lettura completa del dossier completo a cura di Elio
Veltri e Christian Abbondanza per ulteriori approfondimenti e spunti.
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