25 marzo 2013

Proposte per la sicurezza a Bologna

Uno dei temi caldi di questa città è la sicurezza. A questo proposito abbiamo iniziato un percorso in consiglio comunale dove ogni gruppo ha avanzato le sue proposte che verranno poi elaborate dall'amministrazione. Oggi in Consiglio Comunale il Sindaco ha relazionato in merito.
Questo è l'elenco delle proposte che ho inviato io, non ha la pretesa di essere esaustivo, è solo un tassello di un lavoro molto più ampio fatto a più mani, ho quindi evitato di inserire idee già proposte da altri, e ho aggiunto quello che secondo me mancava.


Proposte per la sicurezza a Bologna

Premessa:
La in-sicurezza di questa città è legata anche ad un radicamento delle organizzazioni di stampo mafioso italiane e straniere nella nostra Regione. Da decenni infatti nelle diverse province della regione sono presenti e attive cosche mafiose impegnate sia in attività criminali causa di allarme sociale (traffico di armi, traffico e spaccio di sostanze
stupefacenti, estorsioni, usura, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione), sia in attività criminale che destano minor allarme sociale (contrabbando, gioco d'azzardo, caporalato, riciclaggio, truffe, infiltrazione e condizionamento nell'economia locale nei settori del movimento terra, trasporti, sofisticazione alimentare, ristorazione e attività ricettiva, sanità, ciclo dei rifiuti, energie rinnovabili e assimilate). Per combattere le mafie bisogna conoscerle, dobbiamo conoscerle noi amministratori e devono conoscerle i cittadini. Le mafie operano rispondendo alle richieste delle comunità. Offrono cocaina e droghe perché vi è richiesta; offrono prostitute/i perché vi è richiesta; offrono merce contraffatta perché vi è richiesta. Pensare di colpire la mafia dei colletti bianchi sul piano militare, con arresti, è inadeguato e insufficiente. La Pubblica Amministrazione può fare molto, promuovendo una seria ed incisiva azione nell'ambito della Scuola e degli ambienti di aggregazione e impegno sociale, oltre che con attività di contrasto preventivo.
Bisogna comprendere che le mafie offrono risposta alla richiesta proveniente dalla comunità. Se non vi fosse “domanda” l'offerta sarebbe inutile... e le mafie sarebbero in ginocchio perché non avrebbero più la fonte primaria del denaro sporco da riciclare. Sfruttamento della prostituzione, contrabbando, droghe, gioco d'azzardo, se private della “richiesta” diventano un business fallimentare per le mafie. Ciò significa che il primo punto di azione sta nel riuscire ad incidere nelle scelte compiute dalle singole persone che costituiscono oggi il bacino di “utenza” di queste attività. In parallelo deve esserci un'azione di contrasto preventivo rispetto a quello della Magistratura. Gli Enti Locali, ad esempio, forniscono le autorizzazioni per aperture di locali (circoli culturali o ricreativi piuttosto che club privati) di che diventano di copertura, dovranno quindi verificati a monte i soggetti richiedenti le autorizzazioni. Poi insieme alle organizzazioni sociali e di categoria (associazioni, sindacati e organi di polizia), dovranno svolgere attività di “controllo” e “contrasto” delle situazioni irregolari.
La mafia segue i grandi flussi di denaro, quindi si dovrà porre maggiore attenzione proprio dove questi flussi si muovono. Attraverso gli strumenti di pianificazione urbanistica si dovrà evitare la pratica della “deroga” costante in quanto è proprio dietro a questa pratica costante che si sviluppano i fenomeni speculativi. Bisognerà valutare molto seriamente l'alienazione di grandi patrimoni pubblici (a Bologna ci sono 19 ex caserme in vendita) e la realizzazione dei project financing. La mafia o gli speculatori hanno ingenti somme di denaro da riciclare o investire in operazioni poco trasparenti.

Ringrazio la Casa della Legalità e Democrazialegalità.it per gli spunti forniti e Christian Abbondanza ed Elio Veltri che hanno curato il Dossier

Qui un mio precedente post sull'argomento

di seguito alcuni punti più specifici:

- concentrare in centrali uniche appaltanti (su scala regionale e provinciale) la gestione delle gare di appalto così da evitare che vi siano, sul medesimo territorio, molteplici soggetti che gestiscono (e quindi elargiscono) direttamente i fondi pubblici. Infatti sul territorio di una Provincia operano nell'assegnazione di appalti pubblici la Provincia stessa, i Comuni, le Asl, le società pubbliche e/o partecipate, oltre che la Regione stessa. Un sistema così disarticolato è permeabile alle infiltrazioni mafiose, così come al proliferare del fenomeno della corruzione e dei conflitti di interessi ed è un sistema perverso in cui una constatata assenza di trasparenza da parte degli Enti Pubblici fa da contraltare ad una inefficace azione di controllo sui subappalti e sulle forniture.
A questo poi andrebbe anche aggiunto che sempre più spesso gli Enti Locali procedono, su medesimi opere (vedesi ad esempio la realizzazione di rotatorie stradali) con il frazionamento di dette assegnazioni, portandole ad un livello di sotto-soglia per cui è ancora più semplice l'aggiudicazione da parte di imprese condizionate o direttamente riconducibili ad organizzazioni mafiose. Inoltre le scatole cinesi delle società pubbliche o partecipate (il cui numero in Emilia-Romagna raggiunge livelli spaventosi), costituite come società “a diritto privato”, agendo in deroga alle rigorose norme sulle procedure di appalto proprie degli enti pubblici.

- fermare la pratica della “deroga” costante agli strumenti di pianificazione in quanto è proprio dietro alle costanti deroghe che si sviluppano i principali fenomeni speculativi che coinvolgono capitali di illecita provenienza (finanziaria o mafiosa). Si prendano gli strumenti urbanistici, così come i piani di bacino o di tutela paesaggistica, così come quelli per l'energia, i rifiuti, le cave, il commercio, l'edilizia abitativa sociale, sino alla programmazione e pianificazione nel campo sanitario. Questi vengono approvati, valutati e quindi adottati per poi subire costantemente modificazioni “a richiesta”, con procedure essenzialmente semplificate che eludono, ad esempio, gli obblighi di informazione e partecipazione derivanti dalle normative europee e nazionali. Detta pratica devastante viene inoltre adottata, ad esempio, quasi sistematicamente anche per procedure quali VIA e VAS, così sottraendo ulteriormente al controllo democratico grandi interventi (pubblici o privati) sul territorio, con, spesso, ricadute negative sul tessuto economico-commerciale esistente o sulla stessa tutela del suolo.

- Inoltre si impone una seria valutazione della deregulation devastante in materia di alienazione dei patrimoni pubblici e dei project financing. Infatti nella cessione a privati di beni o dell'uso di beni e/o aree pubbliche, per durate temporali di circa un secolo, non esiste, ad oggi, alcuno strumento di controllo sulla effettiva tenuta economia dei soggetti proponenti, ovvero dell'utilizzo di capitali di illecita provenienza per tali operazioni. Su questo specifico ambito, occorre promuovere una seria normativa, anche a livello regionale, per prevenire infiltrazioni.

- L'irrinunciabile pratica per una concreta azione di prevenzione e contrasto all'illegalità ed alle infiltrazioni mafiose, che però viene sistematicamente (con accurata dovizia) evitata dalle Pubbliche Amministrazioni, è la trasparenza degli atti e delle procedure. Con una effettiva accessibilità degli Atti e la trasparenza sulle procedure, ogni provvedimento sarebbe posto al controllo dei cittadini e questo significherebbe che molteplici conflitti di interesse, clientele, irregolarità, agevolazioni improprie e fenomeni di corruttela, ovvero ogni pratica di mancato perseguimento dell'interesse pubblico generale, basato sul principio della buona amministrazione, verrebbe notato con maggiore facilità. Inoltre da una completa accessibilità degli Atti e delle procedure attraverso la rete internet e si potrebbe agevolare anche l'azione di prevenzione e contrasto da parte dei reparti investigativi e della magistratura.

- Rispetto alla L. Reg. 2/2009 inoltre occorre segnalare che la stessa predispone una serie di interventi per cui si necessita del potenziamento dell'attività di controllo, ovvero dell'incremento delle risorse umane specializzate e di mezzi alla Polizia Locale, nonché di un coordinamento costante tra Enti Locali e reparti di P.S. preposti ai controlli e con gli altri Enti pubblici (quali Inail, Inps, Ispettorato del Lavoro, Arpa, Asl) al fine di coordinare un costante monitoraggio dei cantieri, superando la pratica dei controlli “a campione” o “concordati”. 

Beni confiscati
- riunire i Prefetti, l'Agenzia del Demanio, l'Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati, i Sindaci dei Comuni in cui sono siti i beni confiscati, e definire un protocollo d'intesa per istituire presso le Prefetture un “tavolo per i beni confiscati” a cui chiamare le associazioni di volontariato attive sul territorio disponibili ad attivare progetti partecipati (ovvero definiti con il concorso della popolazione residente ed operante nelle zone ove si trovano i beni confiscati) di utilità sociale, ovvero di definire sulla base delle esigenze istituzionali quali beni confiscati siano da destinare, quali invece rispondono alla realizzazione dei progetti rispondenti ai bisogni sociali, quali invece possono essere destinati alla vendita così da reperire fondi alle casse pubbliche, magari da utilizzare per le sistemazione, in accordo con l'Agenzia Nazionale, dei beni destinati a fini istituzionali e di quelli destinati per progetti di utilità sociale;

- riunire gli incaricati dell'Amministrazione Giudiziaria delle aziende confiscate, nonché le rappresentanze dei lavoratori e gli Amministratori delle società pubbliche e/o partecipate, così da verificare, in prima istanza, l'assorbimento da parte delle società pubbliche e/o partecipate delle aziende (mezzi, beni e personale) confiscate. Verificare in seconda istanza, attraverso l'incontro con le rappresentanze delle associazioni e organizzazioni di categoria (Confindustria, Lega Coop, Confesercenti, CNA, Confartigianato, Cia, Assedil...) la possibilità di sostenere, anche con il concorso delle realtà economiche consolidate della regione, l'assorbimento di tali aziende confiscate o la promozione di percorsi di cooperative con gli stessi lavoratori delle aziende confiscate.

Si rimanda alla lettura completa del dossier completo a cura di Elio Veltri e Christian Abbondanza per ulteriori approfondimenti e spunti.


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