Ieri in consiglio comunale avremmo dovuto trattare un ODG legato alle campagne pubblicitarie lesive per la donna e avevo pensato di presentare un OdG collegato per chiedere al Sindaco e alla Giuta di aderire alla Carta di Milano. Poichè il proponente ha ritirato l'odg originario, io non posso collegare il mio. Pazienza, seguirò l'iter "tradizionale".Di seguito la presentazione della mia proposta.
Nei giorni passati sugli autobus bolognesi è apparsa la pubblicitàdelle piscine SoGeSe. La foto è stata duramente criticata,
l'atteggiamento della bambina è ritenuto e poco consono per la sua
età. A loro difesa, gli ideatori della pubblicità sostengono che la
foto è un'immagine simpatica e innocua che interpreta l'idea di
"polleggio" bolognese. Allora mi sono chiesta: avrei
fatto fare a mia figlia una foto del genere? Francamente no.
Lungi dal voler essere bacchettona, ma credo che il mondo della pubblicità dovrebbe rivedere un po' i suoi canoni etici, che si rifanno a stereotipi e clichè atavici e consolidati nella nostra quotidianità tanto che ormai non ce ne rendiamo più conto. Basti pensare a quante volte sentiamo dire di una donna in gamba: ha due palle così! Che una donna per essere in gamba debba dimostrare di avere attributi maschili francamente lo trovo deleterio. Pensare che per essere in gamba bisogna assomigliare agli uomini significa ritenersi, in quanto donne, inferiori. Così non si arriverà mai ad una parità di genere vera e propria. Non una parità imposta per legge con quote rosa, ma una parità acquisita con consapevolezza che porta ad un vero cambiamento culturale. Tornando alla pubblicità, considerato il grande potere persuasivo che possiede, a maggior ragione serve maggior etica (sporattutto quando di mezzo ci sono dei bambini), così che possa contribuire ad un cambiamento culturale.
Lungi dal voler essere bacchettona, ma credo che il mondo della pubblicità dovrebbe rivedere un po' i suoi canoni etici, che si rifanno a stereotipi e clichè atavici e consolidati nella nostra quotidianità tanto che ormai non ce ne rendiamo più conto. Basti pensare a quante volte sentiamo dire di una donna in gamba: ha due palle così! Che una donna per essere in gamba debba dimostrare di avere attributi maschili francamente lo trovo deleterio. Pensare che per essere in gamba bisogna assomigliare agli uomini significa ritenersi, in quanto donne, inferiori. Così non si arriverà mai ad una parità di genere vera e propria. Non una parità imposta per legge con quote rosa, ma una parità acquisita con consapevolezza che porta ad un vero cambiamento culturale. Tornando alla pubblicità, considerato il grande potere persuasivo che possiede, a maggior ragione serve maggior etica (sporattutto quando di mezzo ci sono dei bambini), così che possa contribuire ad un cambiamento culturale.
Ricordo qualche anno fa una riunione alla scuola materna dei miei figli con maestre e pedagogiste, l'argomento era la televisione. Mi colpì un'osservazione di una maestra che raccontava di come i bambini siano sessualmente precoci nei loro atteggiamenti tanto da averne visti due simulare un coito. Le perplessità erano sui programmi che i bambini guardavano a casa: sono adatti alla loro età? e sulla pubblicità, che spesso ha contenuti erotici e che purtroppo passa in fascia protetta.
In un contesto come questo dove "l’attenzione di tutti noi cittadini è sempre più sollecitata da modelli educativi e comportamentali che, attraverso i media, raggiungono le nostre figlie e i nostri figli modellandone l’immaginario e, insieme ad esso, il loro presente e futuro", la CARTA DI MILANO Per il rispetto delle bambine e dei bambini nella comunicazione (che ho sottoscritto) pone come obiettivo "prioritario ripensare il rapporto tra media e minori, ripartendo dall’uso che della loro immagine viene fatto, soprattutto nella comunicazione massmediale".
La carta di
Milano è stata redatta dalla fondazione Terre des Hommes che da
50 anni è in prima linea per proteggere i bambini di tutto il
mondo dalla violenza, dall’abuso e dallo sfruttamento.
Giovanna
Cosenza, docente dell’Università di Bologna spiega che:
«La
comunicazione deve tenere conto delle differenti età dei bambini e
delle bambine coinvolti rispettandone la naturale evoluzione. Non
bisogna rappresentarli in comportamenti, atteggiamenti e pose
inadeguati
alla loro età
e comunque non corrispondenti al loro sviluppo psichico, fisico ed
emotivo. Ogni
precoce erotizzazione dei
bambini e delle bambine
va bandita
dalla comunicazione». E
cita due esempi recenti di capagne pubblicitarie per l’abbigliamento
giovane per la primavera-estate 2013.
Lo
stesso Paolo
Ferrara,
direttore della Comunicazione di Terre
des Hommes Italia racconta un aneddoto:
«... Dovevamo girare uno spot contro la tratta a fini sessuali in occasione dei mondiali di calcio in Sudafrica. Approvata la creatività ci siamo messi a cercare la protagonista femminile dello spot. A un certo punto ci siamo trovati di fronte a un grosso interrogativo: all’agenzia continuavano ad arrivare book di ragazzine di 9, 10, 11 anni in bikini sulla spiaggia, in pose ammiccanti e provocatorie, abbigliate da lolite con le spalline in giù o sdraiate su chaise longue come prostitute da bordello.
I genitori erano così abituati a vendere l’immagine delle loro figlie secondo i dettami (o i presunti dettami) delle aziende della moda, da non preoccuparsi minimamente che il cliente in questo caso fosse una nonprofit che proprio dei diritti dei bambini si occupava. O forse, ipotesi ancora più sconcertante per quanto mi riguarda, semplicemente per loro un problema non esisteva. … Il percorso della Carta di Milano è nato anche a seguito di questa esperienza.»
Perchè la
carta di Milano? Leggo le motivazioni per cui è nata:
Oggi
l’attenzione di tutti noi cittadini è sempre più sollecitata da
modelli educativi e comportamentali che, attraverso i media,
raggiungono le nostre figlie e i nostri figli modellandone
l’immaginario e, insieme ad esso, il loro presente e futuro.
Sentiamo come prioritario ripensare il rapporto tra media e minori,
ripartendo dall’uso che della loro immagine viene fatto,
soprattutto nella comunicazione massmediale.
L’immagine
delle bambine e dei bambini oggi sembra prestarsi a un uso
esclusivamente strumentale che, se da un lato ne sminuisce la
dignità, dall’altro finisce, spesso per rafforzare stereotipi
discriminatori di genere o costruire stili di vita pericolosi. Noi
cittadini, genitori, psicologi, professionisti della comunicazione,
rappresentanti delle istituzioni, dell’arte, della scuola, delle
imprese e del diritto crediamo che il rispetto delle bambine e dei
bambini richieda oggi nuovi strumenti e un nuovo impegno di
responsabilità sociale da parte di tutti gli operatori coinvolti nel
mondo della comunicazione.
Per questo,
stimolati da Terre des Hommes, abbiamo deciso di dare vita alla
“Carta di Milano: per il rispetto delle bambine e dei bambini nella
comunicazione”. Nel redigere la Carta di Milano ci siamo ispirati
alla Convenzione dei diritti del fanciullo, alla Carta di Treviso, al
Keeping Children Safe, al Codice di Autodisciplina della
Comunicazione Commerciale e all’esperienza maturata in cinque
edizioni del Child Guardian Award di Terre des Hommes. Con la Carta
di Milano vogliamo suscitare un dibattito intorno al tema
dell’immagine dei bambini e delle bambine, contribuendo a creare,
per i nostri figli un mondo più rispettoso e attento.
Per
questo la consegniamo oggi alla società civile e agli addetti ai
lavori affinché la facciano propria, la sottoscrivano e la adottino
nel loro concreto agire quotidiano facendola diventare un punto di
riferimento per tutti coloro che operano nel mondo della
comunicazione e per tutti i cittadini che intendano far valere, in
ogni istante, l’interesse prioritario dell’infanzia.
Principi generali della carta di Milano sono:
Il rispetto
della dignità delle bambine e dei bambini, così come indicata dalla
“Convenzione ONU sui diritti del fanciullo”, deve essere
garantito in qualsiasi comunicazione, in modo particolare quando è
l’immagine stessa delle bambine e dei bambini ad essere
rappresentata.
Il rispetto
della dignità delle bambine e dei bambini deve essere garantito, da
tutti i soggetti coinvolti, in qualsiasi fase del processo produttivo
che accompagna la creazione e la diffusione di una campagna di
comunicazione: genitori e tutori, agenzie di casting, agenzie di
comunicazione e creativi; aziende committenti e inserzionisti
pubblicitari; case di produzione; editori e da chiunque diffonda la
campagna di comunicazione.
Il rispetto
della dignità delle bambine e dei bambini implica il loro
coinvolgimento in tutte le fasi del processo produttivo, dalla
concezione alla distribuzione, attraverso la partecipazione attiva,
l’ascolto dei loro desideri, valori, tempi e opinioni, delle loro
aspettative e dei loro diritti di lavoratori.
È fondamentale
e urgente che tutto ciò diventi un impegno concreto di
responsabilità sociale d’impresa, documentato con trasparenza da
tutti i soggetti professionali coinvolti.
Sono così d'accordo che io adirittura proibirei qualsiasi coinvolgimento minorile negli spot e anche nelle pubblicita' statiche .Che si impegnino un po' di più questi CREATIVI !!!!!
RispondiElimina