del 27.06.2013
Tra il 2008 e il 2011 infatti il tasso di disoccupazione tra coloro che non hanno una laurea è aumentato del 3.8% contro l’1.5% di coloro che hanno conseguito un titolo universitario. Le persone con bassi livelli di scolarizzazione sono quelle che stanno pagando il tributo più alto alla crisi, soprattutto in Grecia (+ 15%), Irlanda (+ 21.5%), Estonia (+17.6%) e Spagna (+16%). Al contrario, Germania, Austria e Lussemburgo hanno sperimentato una diminuzione dei livelli di disoccupazione tra i giovani con bassi livelli di scolarità, il che sembra sia dovuto al sistema di educazione professionale particolarmente efficiente. Ma c’è un altro aspetto interessante che emerge dal rapporto. La spesa per l’istruzione sta calando un po’ in tutti i Paesi presi in esame. I peggiori in questa graduatoria sono la Bulgaria, la Grecia, l’Italia, Romania e Slovacchia, che spendono poco in istruzione. L’Italia è l’unico Paese dell’area dell’OCSE che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria, mentre negli altri paesi è aumentata di quasi il 62%.
Ma ci sono anche i primi della classe: Regno Unito e Polonia sono i Paesi che hanno i livelli più alti di giovani impegnati in corsi universitari, mentre Germania, Danimarca, Slovenia, Austria e Repubblica Ceca sono molto forti per quel che riguarda la ricerca avanzata. Tutto sommato il quadro che emerge dal rapporto è abbastanza positivo e anzi i livelli di istruzione si stanno avvicinando sempre più a quelli degli Stati Uniti, e in alcuni casi li stanno anche superando. Infatti molti paesi europei stanno diventando sempre più attrattivi nei confronti degli studenti internazionali, passando da una quota del 37% del 2008 al 40% del 2011 a livello di paesi OCSE, sebbene gli Stati Uniti continuino a restare padroni incontrastati in questo settore.
Ma se il confronto dei paesi dell’Unione europea con altri Paesi avanzati appare positivo, cresce il divario con la Cina. Pechino infatti entro il 2020 avrà il doppio di ragazzi con alti livelli di istruzione rispetto agli Stati Uniti e all’Unione europea.
Per saperne di più:
Rapporto “Education at a glance 2013”
La scheda di approfondimento sull'Italia — pdf, 681.9 KB
Dalla scheda di approfondimento sull'Italia:
Più di dieci anni di austerità per le scuole, la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria è rimasta stabile per gli ultimi 15 anni. L’Italia è l’unico Paese dell’area dell’OCSE che dal 1995 non ha aumentato.
I risparmi si sono ottenuti aumentando il numero di studenti per insegnante. L’Italia è riuscita a cambiare il rapporto numerico studenti/insegnante, avvicinandolo alla media internazionale, con un moderato aumento del numero di ore annue d’insegnamento per gli insegnanti, e con una simultanea diminuzione delle ore di istruzione per gli studenti. Tali risparmi sull’istruzione scolastica non hanno compromesso i risultati dell’apprendimento degli studenti: gli esiti per gli studenti quindicenni nella valutazione PISA 2009 sono risultati stabili nelle competenze di lettura (rispetto al 2000) e sono migliorati significativamente in matematica (dal 2003) e in scienze (2006).
I più giovani tendono ad avere un livello d’istruzione più elevato rispetto ai concittadini più anziani, ma l'interesse degli studenti per l’istruzione universitaria sta diminuendo dal 2011.
L’Italia dispone del corpo insegnante più anziano dei Paesi dell’OCSE, negli ultimi anni un numero relativamente limitato di giovani adulti è stato assunto nella professione d’insegnante.
Le donne hanno progredito più rapidamente nell’istruzione universitaria rispetto agli uomini.
Per i giovani Italiani la transizione dalla scuola al lavoro è stata difficile durante il recente periodo di crisi economica.
Più di 1 giovane su 5 dai 15 ai 29 anni (23,2%) è senza lavoro, non studia e non segue una formazione professionale.
I dati sui livelli di remunerazione indicano che i giovani laureati trovano difficilmente un lavoro adeguato.
Gli stipendi degli insegnanti tendono a essere inferiori rispetto alla maggior parte dei Paesi dell’OCSE.
Il totale delle ore d’insegnamento impartito dagli insegnanti è simile a quello degli altri Paesi. In molti Paesi gli insegnanti devono rimanere a scuola per adempiere a obblighi professionali oltre alle ore d’insegnamento; in Italia, gli insegnanti hanno invece maggiore libertà nell’organizzazione delle ore di lavoro che non sono dedicate all’insegnamento.
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