05 ottobre 2013

Volevo nascere vento

Ieri sera mi capita tra le mani questo libro, è di mia figlia. Lo aveva letto l'anno scorso e le era piaciuto molto. Mi aveva chiesto di comprarglielo dopo un incontro con l'autore in biblioteca. Il titolo Volevo nascere vento mi incuriosisce, l'autore è Andrea Gentile, non lo conosco. Il sottotilolo svela il contenuto: "Storia di Rita che sfidò la mafia con Paolo Borsellino". Nella seconda di copertina c'è una breve sintesi: "Io di me non posso raccontare nulla.  Io non ho nome, non ho storia.
Rita ha diciassette anni quando si trasferisce a Roma e abbandona per sempre Partanna, il suo paese in provincia di Trapani. Il perché non è facile da raccontare: non è facile guardare in faccia il Mostro che le ha rubato l'infanzia e la famiglia. Ma poi, un giorno, l'incontro con il giudice Paolo Borsellino le cambia la vita: Rita si sente al sicuro e a lui decide di raccontare tutto quello che sa. Quell'uomo con i baffi, in giacca e cravatta, diventa da subito uno zio, "lo zio Paolo", un cantastorie di verità. E nonostante la verità sia dolorosa da accettare, Rita non smette mai di circondarsi di musica e colori, di amore e sogni, come faceva da bambina.
La storia di Rita Atria si lega tragicamente alle stragi di mafia del 1992 in cui morirono i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Oggi, un romanzo per ricordarla e continuare a credere che un'altra strada c'è: quella verso la giustizia."


Il libro inizia così: "Questo romanzo, pur essendo frutto dell'immaginazione dell'autore, è liberamente ispirato a fatti realmente accaduti. Sono stati dunque rispettati i punti cruciali della vicenda ..."
Erano anni che non leggevo un libro tutto d'un fiato.

La storia inzia con Rita quattordicenne, ha l'età di mia figlia, e racconta in prima persona della sua famiglia, dell'amore che ha per il padre, uomo d'onore a cui tutti in paese baciano la mano e lei ne è fierissima, dell'adorazione che ha per il fratello maggiore, della freddezza e acidità della madre, della casa cupa nel piccolo paesino dove vive. Sono i pensieri di un'adolescente raccontati con il linguaggio di un adolescente, un po' infantile e sognatore e a tratti lucido, crudo e disperato. Poi a diciassette anni Rita, dopo l'uccisione prima del padre poi del fratello per mano della mafia che stava regolando dei conti, decide di testimoniare. Significa andarsene da casa in un posto lontano e vivere nell'ombra sotto falso nome guardandosi sempre dietro le spalle. La narrazione prende forma lungo i dialoghi immaginari tra Rita e Paolo Borsellino e tra  Rita e Gabriele, il suo fidanzato. Viene ripercorso così uno spaccato di storia tragica, la gioia, il senso di riscatto e la determinazione per aver fatto la cosa giusta e aver trovato Borsellino, un fondamentale punto di riferimento. Rita impara che ci può essere un mondo diverso dal paesino e che ci sono persone che lottano per questo. Poi il senso di vuoto, abbandono e disperazione dopo gli attentati prima a Falcone e poi a Borsellino stesso.

Io e Rita eravamo quasi coetanee, mentre io guardavo in televisione attonita le stragi di Capaci e di Via D'Amelio e provavo un grande senso di ingiustizia e sconfitta, lei stava vivendo tutto questo sulla sua giovane pelle.

Parlare di mafia ad un adolescente non è semplice. I primi dubbi che vengono sono: sarà un discorso adatto a lui? capirà? fino a che punto posso spingermi senza terrorizzarlo? come faccio a non banalizzare?
Raccontare la mafia ad un adolescente attraverso la vita, gli occhi, di un adolescente che l'ha vissuta è certamente il modo migliore e questo libro è un valido strumento.



Capaci - le lapidi in memoria della strage
LibriL










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